Il teatro per adulti (3)

Il teatro va di moda.
Ho scoperto ultimamente che anche questa frase, adesso, va di moda. 
Quindi preciso: #ilteatrovadimoda.
Dietro questo ennesimo luogo comune ci sono verità – molte – e piccoli inganni.

Gli amatoriali – fino almeno a una quindicina di anni fa – erano per lo più ignorati dalla categoria, intesi come non pericolosi perchè dediti a un allestimento annuale con debutto nel mese di Giugno de “il Povero Piero”, “Una dozzina di rose scarlatte”, o quando – proprio erano scaltri – Agatha Christie.
Poi – e diciamo una decina di anni di anni fa – gli amatoriali sono diventati “pericolosi”.
Perchè con quella stessa dozzina di rose scarlatte si erano fatti svegli, parlavano di teatro
(per lo più malamente, c’è da dire)
e comunque rubavano – o rischiavano di rubare il lavoro –
a chi da anni si smazzava notte e giorno senza lo stipendio al 27.

E poi è successo un fatto.
Che più che la fame – che non se n’è mai andata – è arrivata la moda.
E quindi gli amatoriali sono diventati IL CORSO DI TEATRO PER ADULTI.

Diciamolo:
se non c’è adulto a cui non sia sfiorata per un attimo l’idea di fare teatro
in ugual proporzione 
non c’è scuola, singolo professionista, associazione, neo diplomato, e attenzione – improvvisato docente con un corso semestrale  – che non si stia dedicando a quel che un tempo era pertinenza unica delle parrocchie.

Gioco facile.
Perchè?

Perchè intanto gli adulti non rompono le palle.
Ti guardano come fossi IL TEATRO. 
Non sanno chi sia Strelher, ma se lo sapessero sarebbe uguale, perchè in quel momento TU rappresenti IL TEATRO: ovvero la summa di quel che loro immaginano sia il teatro con tanto di poltroncine e sipario rosso. 
Li incanti con niente:
basta tirare fuori un paio di storie da repertorio.

Gli amatoriali si bevono qualsiasi cosa.
Sono come bambini entusiasti e puri. 
Scrivi su un foglio bianco.
Puoi ingannarli, puoi fingere, puoi farne il foglio delle tue frustrazioni (tante)
e parlar loro di Mejerchol’d come fosse stato un tuo parente.
Stretto (ovvio). 

E poi puoi scegliere:

Puoi scegliere di non trattarli con lo stesso passo di nobiltà che un tempo te li faceva snobbare in toto e solo perchè alla voce di # e io no? e sti du spicci in tasca, gli propini ugualmente la mezza dozzina di rose scarlatte però fatta giusto un po’ meglio.

Puoi scegliere di non scrivere su quel foglio la lista delle tue frustrazioni e quindi non farti Strehler quando non lo sei neanche lontanamente.

Puoi scegliere di mandarli a teatro a calci nel culo,
forzarli alla passione dello studio, insegnar loro chi era Strehler , e addirittura Luigi Almirante, 
e soprattutto rischiare che un giorno diventino anche più bravi e competenti di TE.

Perchè un giorno diventano anche più bravi e più competenti di te.
Magari con meno matinée alle spalle. Ma forse – e chissà, con quel talento che ne avrebbe fatto e ne fa ottimi attori, ugualmente.

Puoi trattarli come professionisti.

Anche se la mattina del lunedi vanno a lavorare in banca.
E forse e a maggior ragione, e precisamente per questo con più rispetto.
Puoi regalare loro quello che sai, sin dove arrivi,
trattarli con lo stesso amore 
e lo stesso rispetto con cui ti guardano.
Puoi farne ottimi spettatori, ottimi attori, e soprattutto  lasciare in loro un seme, autentico e senza catene. 
Il teatro è una cosa troppo seria. Sempre.

Dico per dire. Chiaro. (ma non troppo)

Riflessioni sparse.
Perchè sotto la voce “teatro per adulti”
io vedo oggi un po’ troppi profili di frustati col borsellino in tasca.

Non ci si inventa insegnanti.
In particolare per adulti.

Anche se il teatro #vadimoda.

Le mode passano.
E le ali possono anche attaccarsi.
Ma il trucco si vede.

 

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