Siamo le nostre scelte.
Siamo le nostre azioni.
In questo 2021 così carico di aspettative, abbiamo portato avanti le attività tra l’online e la presenza. Dal 24 ottobre 2020 ci siamo reinventati molte volte, e se c’è da dire che un po’ l’avevamo ipotizzato, (a fine agosto 2020, al termine di quella “grande estate” in cui avevamo avuto l’impressione di una sorta di rimozione collettiva… tutto sotto al tappeto…) , dall’altra questo tempo si è dilatato oltre l’atteso: ad oggi 2 maggio 2021, la sede dell’Associazione è ancora chiusa, ci stiamo preparando per far debuttare i nostri 5 studi su Odissea (giugno 2021) , abbiamo a calendario 3 riprese tra luglio e settembre (Macbeth, Laudes, I Giganti della montagna), e siamo pronti per un nuovo studio a montaggio che immaginiamo possa debuttare a ottobre 2021.
E’ stato sin qui un anno denso, un anno carico di parole e di emozioni, un anno in cui abbiamo tenuto, in qualche modo, oltre e al di là, un anno che davvero forse non avremmo avuto la capacità di attraversare, se non avessimo avuto radici salde, e rami e foglie flessibili, come gli esercizi che tante volte durante il training abbiamo attraversato e ancora attraversiamo, le radici ben salde e insieme la possibilità di essere mente e corpo senza rigidità, concetti astratti e insieme concreti al punto da permettere di ritrovarci ogni volta. Radici salde e rami e foglie flessibili. Piantando radici nel cielo. Questa immagine – immensa – è di uno degli ultimi Padri, rubata da un post dell’Odin Teatret e del suo fondatore, Eugenio Barba, che ad aprile 2020 – dentro il silenzio straniante e assurdo di questa pandemia – ci avrebbe regalato parole cariche di senso: semplici, immediate, dirette, parole dedicate all'”amico Gregorio” del Residui Teatri di Madrid, parole che ci avrebbero accompagnato e ricordato, con la forza diretta di chi il teatro lo fa e lo agisce e lo sente, e soprattutto lo comprende, che questa pandemia sarebbe stata ed era movente per dissodare la terra, ricordarci quella “necessariatà” dal sapore così novecentesco: nessuno ci ha obbligati a scegliere il teatro, e noi che siamo spintonati da questa necessità, dobbiamo rimboccarci le maniche e dissodare il giardino che nessuno ci può togliere. Quelle parole, immediate, semplici, dirette, avrebbero fatto centro e ci avrebbero colpiti dentro al senso. Una carezza, dentro il frastuono. Dentro tanta notte, dentro tanto buio. Noi. Che siamo radici e foglie. Dissodare il terreno, piantare radici nel cielo.
Grazie.