Rassegna studio sul teatro italiano, Teatro Sala Uno

Dal 21 al 28 giugno 2017 abbiamo ideato e portato in scena al Teatro Sala Uno di Roma la Rassegna Permette che mi ripari col cupolino un progetto nato attorno allo spettacolo Figli d'arte sul teatro italiano di inizio '900 e la risposta della Famiglia d'Arte a contatto con le nuove istanze di regia.

Una rosa di cinque spettacoli scelti perchè legati al repertorio dell'attore italiano di quegli anni e legati a cambiamenti e passaggi significativi.

Prima di ogni spettacolo il foyer del teatro si è animato di brevi aneddoti e racconti che hanno permesso di contestualizzare meglio l'opera che sarebbe andata in scena.


Il 26 giugno abbiamo ospitato all'interno di questa settimana di studi la dott.ssa Francesca Romana Rietti che ci ha fatto dono della sua presenza e di una lezione di storia del teatro.

Il progetto - Presentazione :

"Ridicolo! ridicolo!" Che vuole che le faccia io se dalla Francia non ci viene più una buona commedia, e ci siamo ridotti a mettere in iscena commedie di Pirandello, che chi l'intende è bravo, fatte apposta di maniera che né attori né critici né pubblico ne restino mai contenti?

Sei personaggi in cerca d’autore, Luigi Pirandello

Questo progetto, un’occasione di studio, il desiderio di condividere parte di contenuti e forme di un teatro – quello italiano del primo trentennio del 900 -  nasce dallo spettacolo “Figli d’arte” portato in scena a febbraio di quest’anno al Teatro Sala Uno con un gruppo di allievi attori dell’Associazione MetisTeatro.

Uno spettacolo costruito a partire dalle suggestioni che hanno accompagnato i miei studi, da una memoria che richiama quell’idea di teatro come un fatto possibile a farsi senza niente – il palcoscenico nudo de I sei personaggi di Pirandello e la rivoluzione sottesa che mentre altrove – in Europa - riscriveva la sua storia nella nascita della regia teatrale, in Italia era il percorso solitario ed anomalo delle biografie individuali: i molteplici tentativi di teatri stabili, di restituire come si diceva dignità al teatro, levarsi di dosso quella patina di sciatteria che voleva Salottini Rossi buoni per ogni occasione, estenuanti tournèe con cui poter sopravvivere e al contempo portare il proprio nome all’estero, un repertorio di pochade che potesse andare incontro alla beata digestione del pubblico, la struttura gerarchica della monolitica Famiglia d’Arte, il suggeritore..  e insomma quanto sembrava essere la scena italiana del primo trentennio del 900.

Da questo primo spettacolo è nata l’idea di un progetto che potesse parlare di una parte del repertorio di quegli anni, spostando lo sguardo ancora più all’interno, dalla parte degli attori, al centro della scena: le scelte, il repertorio, gli aneddoti, la risposta del pubblico.

Cinque testi, cinque occasioni di studio.

Re Lear di Shakespeare – nel repertorio di Tommaso Salvini, Ermete Zacconi, Ermete Novelli, e quindi del Grande Attore, Bassifondi di Gor’kij, nel repertorio di Eleonora Duse, Virgilio Talli, nonché l’ultimo spettacolo portato in scena dall’attore Renato Cialente con la regia di Pietro Sharoff  e il primo con cui il Piccolo Teatro di Milano inaugurerà la sua apertura dando avvio ai piccoli teatri segno di quella rivoluzione silente avviata nel primo trentennio del secolo e che vedrà la sua codificazione appunto nel dopoguerra, La Scala, di Rosso di San Secondo, autore amatissimo da Tatiana Pavlova, Sei personaggi in cerca d’autore, testo chiave, L’opera dei mendicanti di John Gay, testo da cui Bertolt Brecht trasse la sua Opera da tre soldi, immediatamente riproposta dall’attore Antongiulio Bragaglia col titolo L’opera dei lestofanti.

Ottanta interpreti coinvolti in un progetto comune che si sviluppa sulla scena e nel foyer del teatro: il repertorio, i testi, e insieme l’aneddotica che accompagna queste messe in scena, ricostruita a partire dalle riviste teatrali di quegli anni.

Un quadro certo non esaustivo, dettato anche da scelte obbligate che hanno tenuto conto della natura laboratoriale dell’associazione, eppure e proprio per questo un’occasione di condividere non già e non solo una passione, la storia, le carta, le radici, ma anche l’idea di un teatro come un fatto possibile a farsi senza niente, come un’anomalia che spesso riscrive il suo percorso nel silenzio; una storia che in parte ci riguarda da vicino, ancora oggi, in questi anni all’apparenza frammentari in cui silente il teatro a suo modo risponde.

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